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Il Centro Regionale Trapianti Abruzzo e Molise

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Chi Siamo

Il Centro Regionale per i Trapianti, istituito ai sensi della Legge n. 91 del 1999 svolge i compiti istituzionali sia per la regione Abruzzo che per la regione Molise. I dettami della legge 91 sull'organizzazione delle attività di coordinamento sono, infatti, recepiti nelle linee guida approvate in conferenza Stato-Regioni in data 21.3.2002 e a loro volta recepite dalla Regione Abruzzo (DGR n. 88 del 13/2/2004) e dalla Regione Molise (DGR n. 1169 del 6.10.2003).

Una Scelta in Comune

Il CRT ha attivato il Progetto "Una scelta in Comune" per offrire al cittadino la possibilità di dichiarare la propria volontà in merito alla donazione al momento del rilascio/rinnovo della Carta d'identità.

Si ringraziano i Comuni che aderiscono al Progetto.

 


 

CORSO REGIONALE ABRUZZO-MOLISEPER COORDINATORI ALLA DONAZIONE E AL PRELIEVO DI ORGANI E TESSUTI

Assergi L'Aquila 18-20 maggio 2016

TPM Maggio 2016

 

IL TRAPIANTO DI CORNEA

 

COSA E’? Il trapianto di cornea, detto CHERATOPLASTICA, consiste nella sostituzione della cornea patologica con una cornea sana di donatore, che sia stata dapprima analizzata presso una Banca degli Occhi per la valutazione e la certificazione della qualità e della idoneità al trapianto.

Il trapianto di cornea è un intervento sicuro, il cui scopo è quello di migliorare la qualità di vita del paziente. L’anestesia può essere generale o locale, la degenza di 1-3 giorni. L’intervento offre ottime prospettive di recupero visivo e sono rari i casi di rigetto.

QUANDO È NECESSARIO SOSTITUIRE LA CORNEA?Quando la cornea è gravemente danneggiata, a causa di malattie o incidenti, non trasmette la luce e le immagini si formano in maniera molto approssimativa. La vista, perciò, ne risulta compromessa. In questi casi l’unica soluzione è la sostituzione della cornea attraverso un intervento di microchirurgia, il trapianto di cornea, in cui il tessuto malato o danneggiato viene sostituito con quello donato.

Indicazioni al Trapianto di cornea

Ottiche: cheratocono, distrofie corneali, leucomi

Tettoniche: marcato assottigliamento corneale

Terapeutiche: cheratiti infettive resistenti alla terapia medica

Cosmetiche: opacità corneali senza recupero visivo

 

 

Indicazioni Ottiche

 

Cheratocono

Leucomi da cheratiti o traumi

Distrofie corneali

Traumi (perforanti, chirurgici)

Causticazioni ed ustioni

Fallimenti di precedenti cheratoplastiche

 

Esistono diverse tecniche di trapianto di cornea

LA CHERATOPLASTICA PERFORANTE (PK) imagesCAZ24V9Bconsiste nella sostituzione di una porzione centrale (di circa 8 mm di diametro) - a tutto spessore - della cornea danneggiata con un lembo corneale trasparente e sano di donatore.La PK è stata la tecnica di scelta per la sostituzione di cornee patologiche per molti anni. In alternativa alla PK si può eseguire una cheratoplastica “a fungo” in cui viene sostituita a tutto spessore solo la porzione centrale di 6 mm e successivamente la porzione anteriore viene sostituita con un’altra lamella di 8 mm di diametro.

Attualmente si sono sviluppate numerose tecniche di chirurgia lamellare alternative alla PK che permettono di sostituire, solamente ed elettivamente, la porzione di cornea malata.

 

 

 

 

lam2LA CHERATOPLASTICA LAMELLARE (LK) ha come scopo la sostituzione della sola porzione di cornea danneggiata – non a tutto spessore-, al fine di preservare il più possibile il tessuto corneale originale sano ed insieme l’integrità oculare.

Si possono distinguere alcune principali tecniche di cheratoplastica lamellare: la cheratoplastica lamellare anteriore , superficiale – SALK e profonda – DALK, e la cheratoplastica lamellare endoteliale – DSAEK, a seconda che venga sostituita la porzione anteriore superficiale (200mm) o la porzione profonda (400 mm) o posteriore del tessuto corneale (solo l’endotelio corneale, circa 100mm).

Cheratoplastica lamellare anteriore (SALK, DALK) Questa tecnica viene utilizzata per la sostituzione di cornee con patologie corneali superficiali (distrofie corneali superficiali, cheratocono) ed opacità superficiali ( lesioni da Herpes virus), ma con endotelio normale.

La metodica prevede la preparazione e l’innesto di lenticoli corneali ricavati da cornee non idonee per la cheratoplastica perforante a causa di un endotelio con bassa densità cellulare, ma che abbiano uno stroma di struttura fisiologica e trasparente.

La lamella può essere preparata in due modi:

-          “A FRESCO”. Nella medesima seduta operatoria, la lamella viene tagliata dal donatore e direttamente impiantata sul paziente.

-          “CONSERVATA”. Dopo la preparazione, la lamella viene conservata a freddo mediante silico-disseccazione (Metodo di conservazione che sfrutta l’azione del gel di silicio, in grado di assorbire lentamente e completamente la componente acquosa delle cornee che vengono conservate in un contenitore a chiusura ermetica in frigorifero a +4°C per 6 mesi).

Lo spessore delle lamelle viene scelto in base al piatto utilizzato (90mm 130mm, 250mm o 350mm).

Per tagliare le lamelle viene utilizzato il microcheratomo di Mooria.

Il microcheratomo è composto da una porzione chirurgica o testa, contenente la lama ed il piatto (di vario spessore), che viene ingaggiata nei binari di un anello di suzione che mantiene in sede lo strumento, ed un gruppo motore elettrico. L’avanzamento della lama avviene manualmente e viene proseguito fino al taglio di una lamella corneale completa (cioè libera dalla cerniera, a differenza del flap della tecnica LASIK).

La Cheratoplastica lamellare anteriore viene eseguita effettuando il taglio della cornea patologica, con un microcheratomo senza blocco (Moria One, Moria S.A., France), in modo da ottenere una lamella di spessore desiderato (130mm, 250mm o 350mm). Quindi, si misura il diametro del taglio effettuato con un compasso e si sceglie il lenticolo da impiantare.

CHERATOPLASTICA LAMELLARE ANTERIORE (DALK) La Cheratoplastica Lamellare Anteriore Profonda (acronimo in lingua inglese: DALK) consiste nella sostituzione della porzione anteriore del tessuto corneale. Indicazioni chirurgiche sono il cheratocono (per cornee con pachimetria superiore a 400 micron) e le cicatrici corneali superficiali in seguito a traumi e infezioni. Esistono varie tecniche di DALK, in base alla modalità con cui viene rimossa la porzione anteriore della cornea ospite, ovvero manualmente (“big bubble” technique) o meccanicamente (con microcheratomo) o mediante laser (laser a femtosecondi).

Tutte le tecniche hanno come scopo la rimozione dello stroma fino alla Descemet in modo da creare una interfaccia, su cui suturare il lembo trapiantato, il più possibile omogenea per garantire una migliore qualità visiva post-operatoria. Successivamente, il lenticolo donatore viene suturato al letto ricevente con sutura doppia continua a 12+12 passaggi.

Il vantaggio della DALK rispetto alla PK è che consente di rispettare l’integrità oculare, risparmiando l’endotelio corneale ed evitando alcune, anche importanti, complicanze post-operatorie della PK stessa.

CHERATOPLASTICA LAMELLARE ENDOTELIALE (DSAEK) Da alcuni anni sono state introdotte nella pratica clinica una serie di tecniche che vanno sotto il nome di cheratoplastica lamellare endoteliale. Oggi giorno, la tecnica di EK principe è la DSAEK che consiste nella rimozione del solo endotelio della cornea del paziente e nella sua sostituzione con un endotelio sano di donatore (a cui è attaccato una sottile porzione di stroma). L’indicazione chirurgica alla DSAEK è la distrofia di Fuchs, la cheratopatia bollosa e lo scompenso corneale. in stadi iniziali. Entrambe sono patologie che interessano primitivamente l’endotelio e, nei casi tardivi, portano allo scompenso dell’intero tessuto corneale. Oggi, grazie proprio alla DSAEK, è possibile intervenire in uno stadio precoce della malattia, garantendo un elevato successo terapeutico, in termini di qualità e stabilità visiva, e una notevole riduzione dei rischi connessi all’atto chirurgico. I vantaggi della DSAEK/DMEK rispetto alla PKP sono numerosi: il recupero visivo è molto rapido, in genere dopo uno tre mesi dall’intervento il paziente ha un recupero visivo completo; in più l’intervento non necessita di suture, eliminando così tutte le complicanze legate alle stesse, tra le quali gli astigmatismi elevati e le erosioni o le infezioni della superficie corneale. Il rischio di rigetto del lembo trapiantato è anche inferiore, inoltre, nel caso in cui questo inconveniente dovesse accadere, la sostituzione del lembo endoteliale è più rapida e semplice della sostituzione di una cornea a tutto spessore.

IL TRAPIANTO DI POLMONE

 I trapianti di polmone (singoli, doppi o cuore-polmoni) hanno aumentato le aspettative di vita di soggetti affetti da gravi patologie Le indicazioni più comuni sono la BPCO, la fibrosi polmonare idiopatica, la fibrosi cistica, il deficit di α1 antitripsina e l’ipertensione polmonare primitiva. Indicazioni meno frequenti comprendono le pneumopatie interstiziali, le bronchiecatsie e le cardiopatie congenite. Il trapianto cuore-polmoni è indicato in caso di sindrome di Eisenmenger e in tutte le pneumopatie con disfunzione ventricolare grave e irreversibile.

Le controindicazioni relative comprendono età, fumo di sigaretta, pregressa chirurgia toracica e, in alcuni pazienti con fibrosi cistica e in alcuni centri medici, infezione polmonare da ceppi resistentidi Burkholderia cepacia, che aumenta notevolmente il rischio di mortalità.

Quasi tutti i polmoni donati provengono da donatori in morte cerebrale. Di rado viene eseguito il trapianto lobare da donatore vivente quando non sono disponibili organi da donatore cadavere. I donatori devono avere meno di 65 anni e non essere stati fumatori, ne portatori di pneumopatie acute. Donatore e ricevente devono essere compatibili sul piano anatomico per dimensioni, fisiologico o entrambi. Il momento adatto del trapianto deve essere determinato da fattori come grado di deficit ostruttivo, PaO2 inferiore ai 55 mmHg, PaCO2 maggiore ai 50 mmHg, pressione atriale destra maggiore dei 10 mmHg e pressione sistolica di picco maggiore di 50 mmHg, nei pazienti con ipertensione polmonare primitiva, e della velocità di evoluzione della malattia su base clinica, radiologica o fisiologica.

Tecnica chirurgica

Nei polmoni del donatore viene infusa una soluzione fredda di conservazione di cristalloidi, contenente prostaglandine. Gli organi del donatore vengono raffreddati con boli di soluzione salina ghiacciata in situ o tramite bypass cardiopolmonare, quindi prelevati. Il trapianto di un solo polmone richiede la toracotomia posterolaterale. Il polmone nativo viene rimosso e bronco, arteria polmonare e vene polmonari del donatore vengono anastomizzati alle rispettive estremità. Il trapianto polmonare doppio richiede la stereotomia o la toracotomia anteriore trasversale; il procedimento è simile a quello di due trapianti singoli sequenziali. Il vantaggio principale è dato dalla rimozione definitiva di tutto il tessuto malato, mentre lo svantaggio è dato dalla inadeguata cicatrizzazione dell’anastomosi tracheale. Il trapianto cuore-polmone richiede la stereotomia mediana con circolazione extracorporea. Sono necessarie anastomosi aortiche, atriali destre e tracheali; la trachea viene anastomizzata immediatamente sopra la biforcazione.

Complicanze

Il rigetto

Il rigetto si verifica nella maggior parte dei casi malgrado la terapia immunosoppressiva. La sintomatologia è simile nelle forme iperacute, acute e croniche e comprende febbre, dispnea, tosse, diminuzione della saturazione di O2, infiltrato interstiziale. Il rigetto iperacuto deve essere distinto dall’insufficienza precoce del trapianto causata da danno ischemico durante la procedura di prelievo. La diagnosi è confermata se la biopsia trans bronchiale mostra infiltrato linfocitario. Il rigetto cronico compare in oltre il 50% dei casi entro un anno dal trapianto. Esso appare in forma di bronchiolite obliterante. Il rigetto acuto può aumentare il rischio di rigetto cronico. I pazienti con bronchiolite obliterante presentano tosse, dispnea, con o senza evidenza fisica e cardiologica di patologia respiratoria. La diagnosi differenziale comprende la polmonite. La diagnosi viene posta mediante broncoscopia con biopsia.

Complicanze chirurgiche

La complicanza chirurgica più frequente è la cattiva cicatrizzazione dell’anastomosi bronchiale otracheale. Fino al 20% dei pazienti sottoposti a trapianto di un solo polmone sviluppa stenosi bronchiale responsabile di sibili e ostruzioni; essa può essere trattata con dilatazione o posizionamento di endoprotesi. Altre complicanze chirurgiche comprendono raucedine e paralisi diaframmatica, causate da lesioni del nervo laringeo ricorrente o del frenico, dismotilità del trattogastro-intestinale, causato da lesione del nervo vago toracico e pneumotorace. In alcuni pazienti, compaiono aritmie ventricolari, probabilmente a causa di variazioni della conduzione dovute alla sutura tra vene polmonari e atrio. Infezioni nel trapianto di polmone L’infezione è la prima causa di morbilità e mortalità in caso di trapianto. A confronto con gli altri trapianti, quello di polmone è particolarmente predisposta a infezioni. L’immunosoppressione generalizzata, la denervazione del polmone, il drenaggio linfatico danneggiato, l’anormale clearance muco ciliare, e la mancata risposta riflessa della tosse contribuiscono alla suscettibilità di sviluppare infezioni. Lo stesso donatore dell’organo potrebbe esserne la fonte. Le infezioni giocano un ruolo chiave nella genesi del rigetto. Vi sono procedure standard di trattamento con antibiotici ad ampio spettro.

Complicanze infettive

Le infezioni batteriche, soprattutto pneumoniae, contano oltre il 50% di infezioni legate al decesso post-trapianto. La maggior parte di queste infezioni insorge nelle prime due settimane, ma anche dopo, in un contesto patologico di bronchiolite obliterante. Le infezioni da gram negativi sono quelle più frequenti. Burkholderia e varie specie di pseudomonas sono i maggiori responsabili di infezione e l’unico approccio terapeutico effettivamente efficace è una buona terapia profilattica. Inoltre i soggetti che hanno subito trapianto di polmone sono particolarmente inclini a sviluppare infezioni da Legionella. Infezioni da listeria e nocardia sono abbastanza comuni. Anche il mycobacterium della tubercolosi è presente, anche se in limitati casi, e il trattamento di tale infezione può essere alle volte problematico. Generalmente, a tutti i pazienti, prima del trapianto, viene effettuato il test della tubercolina e ricevono l’appropriata terapia. Il citomegalovirus è la seconda maggior causa di infezioni nei pazienti sottoposti a trapianto.

Prognosi

Le percentuali di sopravvivenza a un anno sono del 70% nei trapianti da donatore vivente e del 77% nei trapianti da donatore cadavere. Il tasso complessivo di sopravvivenza a 5 anni è del 45%. Il tasso di mortalità è più elevato nei pazienti con ipertensione polmonare primitiva, fibrosi polmonare idiopatica o sarcoidosi e più basso in quelli con BPCO o deficit di α1-antitripsina. Il tasso di mortalità è più elevato nel trapianto singolo rispetto a quello doppio. Le cause di morte più frequenti entro un mese sono l’insufficienza primitiva dell’organo trapiantato, il danno da ischemia e da riperfusione e l’infezione a esclusione del CMV; la causa più comune nel periodo compreso tra un mese e un anno è l’infezione e, dopo un anno, la bronchiolite obliterante. Raramente, si verifica una recidiva della malattia, particolarmente in alcuni casi di malattie interstiziali polmonari. Il tasso di sopravvivenza globale a un anno dopo trapianto cuore-polmoni è del 60% sia per i pazienti che per il trapianto.

Il primo trapianto di pancreas fu eseguito nel 1966 dal Prof. Lillehei a Minneapolis (USA). Dopo gli iniziali deludenti risultati, legati soprattutto alla mancanza di adeguate terapie immunosoppressive, a partire dai primi anni 80 le progressive innovazioni farmacologiche, chirurgiche e anestesiologiche hanno consentito un progressivo incremento delle sopravvivenze degli organi trapiantati.

Oggi, più di 20.000 interventi sono stati eseguiti, con sopravvivenze dell'organo che arrivano fino al 95% a 1 anno dal trapianto.

Il trapianto del pancreas è indicato nel trattamento di pazienti affetti da diabete mellito di tipo I. Sovente, questi pazienti presentano la contemporanea necessità di effettuare anche un trapianto di rene per una grave insufficienza renale cronica in stadio terminale su base diabetica.

Esistono sostanzialmente tre tipi diversi di trapianto di pancreas:

1) trapianto di rene e pancreas simultaneo (Simultaneous Pancreas-Kidney, SPK);

2) trapianto di pancreas dopo trapianto di rene (Pancreas After Kidney, PAK);

3) trapianto di pancreas isolato (Pancreas Transplant Alone, PTA).

Il trapianto di pancreas può essere effettuato utilizzando un organo proveniente da un donatore deceduto o da un donatore vivente. Nel primo caso, l’intero organo è prelevato durante l’intervento chirurgico di prelievo multiorgano; tipicamente, solamente donatori giovani sono considerati idonei per la donazione (di solito con età non superiore ai 50 anni).

Nel caso della donazione da vivente, si esegue una pancreasectomia distale, tipicamente per via laparoscopica, con preservazione della milza; questa procedura, tuttavia, è comunemente effettuata in pochi centri in giro per il mondo.

Nel caso della donazione da donatore deceduto, che è di gran lunga la procedura più comune, il pancreas va sottoposto prima del trapianto ad una accurata preparazione, soprattutto della sua parte vascolare, per rendere più agevoli le anastomosi durante il trapianto: si anastomizzano l'arteria mesenterica superiore e l'arteria splenica con un graft vascolare consistente nella biforcazione delle arterie iliache del donatore.

Il trapianto tipicamente consiste nel posizionamento in fossa iliaca del pancreas, con anastomosi con i vasi iliaci del ricevente. Nel caso di SPK, il rene è posizionato nella fossa iliaca controlaterale.

La derivazione della secrezione esocrina può essere effettuata in due diversi modi: drenaggio enterico o vescicale. La derivazione della secrezione esocrina da sempre costituisce il problema maggiore nei trapianti pancreatici. In effetti, mentre il trapianto viene effettuato per poter usufruire della parte endocrina dell’organo (β-insule), la sua parte esocrina, secernente enzimi proteolitici adibiti alla digestione, rappresenta soprattutto un problema.

Oggi la diversione intestinale è la tecnica più usata per i benefici che essa comporta soprattutto a lungo termine (adattamento dell’intestino alla secrezione esocrina). La derivazione vescicale, inizialmente molto usata, nonostante alcuni indubbi benefici (monitorizzazione dell’amilasuria e lipasuria per escludere eventuali rigetti) è gravata da vari effetti avversi come la cistite emorragica, le pancreatiti da reflusso e l’acidosi metabolica.

Nel caso di trapianto pancreas segmentario, si procede all’iniezione nel sistema duttale del Wirsung di resine sintetiche. Tale procedura determina atrofia del pancreas esocrino e fibrosi.

Il trapianto di pancreas, come tutti gli organi trapiantati, richiede una terapia immunosoppressiva quoad vitam: i farmaci comunemente usati non differiscono da quelli utilizzati negli altri trapianti, e normalmente consistono in un inibitore della calcineurina (ciclosporina o tacrolimus) in combinazione con un antimetabolita e steroidi.

Anche nel caso del trapianto di pancreas, una delle più temibili complicanze è il rigetto acuto. Nel caso di SPK, molto spesso il rigetto può essere previsto e trattato prima che si manifesti clinicamente, in quanto una alterata funzionalità del rene avvisa del prossimo rigetto del pancreas. 

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