IL TRAPIANTO DI RENE
Oggi il trapianto renale rappresenta la terapia di elezione per la maggior parte dei pazienti affetti da insufficienza renale avanzata. Infatti, rispetto alla dialisi, il trapianto renale offre non solo un'attesa di vita più prolungata una volta superato il periodo post-operatorio, ma anche una migliore qualità di vita ed una più completa riabilitazione sociale. I risultati sempre migliori del trapianto renale hanno consentito di ampliarne notevolmente le indicazioni.
L'allargamento dei criteri d'inclusione ha aperto la possibilità del trapianto ad un numero straordinariamente elevato di pazienti già in dialisi o prossimi alla dialisi. D'altra parte l'obbligo di casco per chi usa motocicli e l'obbligo di cinture per chi usa autovetture ha notevolmente ridotto il numero di morti cerebrali causate da traumi cranici. Come conseguenza si ha un progressivo divario tra richiesta di reni e trapianti effettuati. Per attenuare questo divario, negli ultimi anni è stato accettato un numero sempre maggiore di reni "marginali", al limite dei criteri di accettazione. Così sono stati considerati come donatori idonei soggetti anziani deceduti per emorragia o trombosi cerebrale, soggetti affetti da ipertensione arteriosa o diabete o malattie renali iniziali, soggetti con valori di funzione renale inferiori ai limiti di normalità. I risultati di trapianti con reni marginali sono complessivamente discreti, anche se inferiori a quelli ottenuti con reni di soggetti giovani, deceduti per trauma cranico.
Il trapianto di rene può essere effettuato da:
- donatore cadavere;
- donatore vivente.
L'INTERVENTO CHIRURGICO
Il trapianto di rene viene eseguito allocando l'organo nella fossa iliaca (destra o sinistra) in sede extraperitoneale. Dopo aver prelevato l'organo da un donatore, sia esso cadavere o vivente, si effettuano le anastomosi vascolari ovvero si collega l'arteria renale del donatore all'arteria iliaca esterna del ricevente in modo terminolaterale, e allo stesso modo la vena renale del donatore alla vena iliaca esterna del ricevente.
Al termine delle anastomosi vascolari, l'uretere viene suturato alla vescica del paziente mediante un uretero-cistostomia con tecnica antireflusso per impedire la risalita delle urine dalla vescica al rene trapiantato.
La maggioranza degli organi, una volta terminate le anastomosi vascolari, riprendono quasi subito la loro funzione, ma a volte il rene va incontro ad un fenomeno di temporanea non funzionalità che prende il nome di necrosi tubulare.
La ripresa funzionale normalmente avviene entro una o due settimane dal trapianto per cui possono essere necessarie alcune sedute di emodialisi nell'immediato periodo post-operatorio.
Subito dopo l'atto chirurgico il paziente assume gradualmente la terapia immunosoppressiva prescelta e si sottopone ad antibiotico-profilassi, a profilassi antimicotica con nistatina ed a chemioprofilassi anti-protozoaria.
Nelle prime settimane post-trapianto, inoltre, è particolarmente importante il monitoraggio della vascolarizzazione renale.
RISCHI E COMPLICANZE DELLA PROCEDURA
L'intervento può essere gravato da rischi e complicanze immediate o tardive, tra le quali le più frequenti e significative sono:
- rigetto dell'organo trapiantato: ovvero l'attacco dell'organo trapiantato da parte degli anticorpi del ricevente che riconosce come estraneo l'organo trapiantato. Questo può verificarsi anche in corso di terapia antirigetto e può essere acuto e/o cronico (ovvero presentarsi a distanza variabile di tempo dal trapianto) e rendere perciò inutile il trapianto o richiedere un retrapianto. E' da sottolineare che più del 90% degli episodi di rigetto acuto è trattabile con farmaci e quindi solo in meno del 5% dei pazienti il rene trapiantato perde irreversibilmente la sua funzione a causa del rigetto acuto.
- emorragia durante e dopo l'intervento (con necessità di trasfusioni sanguigne o di un secondo intervento). Grosse perdite ematiche sono rare, ma possono verificarsi. In tali casi il trattamento può essere conservativo ma, più frequentemente, si richiede un reintervento.
- rischi legati a trasfusione di sangue omologo: questi consistono soprattutto in reazioni avverse (febbre, brivido, ecc.) o in complicanze sistemiche in caso d'impiego di grandi quantità di sangue.
- complicanze derivanti dai vasi sanguigni: si tratta di trombosi sia a carico dell'arteria renale ( 1-2% ) che della vena renale ( 4-6% ).Possono verificarsi anche stenosi o restringimenti a livello anastomotico con un'incidenza fino al 5% dei pazienti con trapianto di rene. In entrambi i casi, la complicanza ha un severo impatto sull'organo trapiantato. Può essere necessario un reintervento o una procedura radiologica interventistica.
- complicanze urologiche ( fistole urinarie e stenosi ), che hanno un'incidenza variabile (2-4%) e necessità di riparazione mediante procedure di radiologia interventistica o mediante intervento chirurgico.
- rischio d'inabilità temporanea o raramente permanente: è previsto un periodo d'ospedalizzazione variabile con una successiva convalescenza di circa un mese. La ripresa dell'attività sportiva potrà eseguirsi a 3-6 mesi anche se persisterà sempre un indebolimento della parete addominale che potrà influenzare le prestazioni atletiche.
- complicanze anestesiologiche dovute alle vie d'accesso venoso, polmoniti, trombosi delle vene periferiche con possibili embolie polmonari, infezioni della ferita, debolezza della parete muscolare, cicatrice addominale permanente.
- complicanze generiche ( a carico di cuore, polmoni, reni, fegato, cervello, ecc.) possono verificarsi, soprattutto in soggetti anziani e/o con importanti malattie d'organo (coronaropatie, insufficienza epatica o respiratoria) o sistemiche (diabete, dismetabolismi, defedamento), così come in corso o dopo qualunque manovra anestesiologica, chirurgica e farmacologica.
- rischio di infezioni: E' alto soprattutto nei primi mesi dopo il trapianto, quando è maggiore la terapia immunosoppressiva. Si tratta spesso di infezioni particolari, proprie dei pazienti immunodepressi. L'infezione più frequente è quella determinata da un Virus, chiamato Cytomegalovirus (CMV), che è normalmente presente ma poco attivo nella maggior parte delle persone. Nel paziente trapiantato la terapia anti-rigetto è capace di riattivare questo virus favorendone la moltiplicazione. Sono quindi necessari frequenti controlli nel sangue dopo il trapianto per cogliere tempestivamente la eventuale presenza delle particelle virali e per instaurare subito la terapia antivirale. Fortunatamente più raro è il Polyoma Virus (BKV) che tuttavia è in grado di determinare conseguenze molto più gravi per il rene. Anche le infezioni batteriche e fungine sono più frequenti rispetto alla popolazione generale.
- rischio di insorgenza di tumori: la somministrazione della terapia immunosoppressiva fa sì che il paziente trapiantato abbia un rischio aumentato di contrarre neoplasie rispetto al resto della popolazione (soprattutto a molti anni di distanza dal trapianto). Questo rischio viene affrontato con una maggiore vigilanza dei medici, eseguendo esami clinici e strumentali periodici di screening, modulando la terapia anti-rigetto e dopo la diagnosi, curando la neoplasia mediante terapia mirata.
Occorre sottolineare come questi rischi, tutti potenzialmente gravi, siano comunque compensati dalla riduzione dei rischi collegati alla terapia emodialitica o dialitica peritoneale (malfunzionamento dell'accesso,scompenso cardiaco, iperpotassiemia, edema polmonare, peritoniti ecc.).
E' stato dimostrato che la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti sottoposti a trapianto di rene è maggiore rispetto ai pazienti sottoposti a trattamento dialitico sostitutivo.
IL POST - TRAPIANTO
Dopo il trapianto il paziente dovrà eseguire esami ematochimici e strumentali periodici per monitorizzare la funzionalità dell'organo trapiantato e le condizioni cliniche generali. E' necessaria una adeguata idratazione e il controllo del peso corporeo giornaliero. E' opportuno controllare giornalmente la pressione arteriosa sistemica per i primi tre mesi dopo il trapianto, per valutare eventuali modificazioni della terapia medica. Gli esami ematochimici (che dovranno essere eseguiti presso gli ambulatori del centro trapianti de L'Aquila, e sempre prima dell'assunzione della terapia immunosoppressiva), avranno indicativamente scadenza bisettimanale per i primi quindici giorni, settimanale per i successivi quindici giorni e quindicinale per i successivi due mesi. Se le condizioni cliniche del paziente e la funzionalità dell'organo trapiantato lo consentiranno, gli esami di laboratorio potranno essere eseguiti con scadenza mensile per i restanti nove mesi del primo anno post-trapianto. Gradiremmo essere informati tempestivamente dell'eventuale comparsa di episodi infettivi o di sintomatologia degna di rilievo.