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Trapianto di Fegato

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Una Scelta in Comune

Il CRT ha attivato il Progetto "Una scelta in Comune" per offrire al cittadino la possibilità di dichiarare la propria volontà in merito alla donazione al momento del rilascio/rinnovo della Carta d'identità.

Si ringraziano i Comuni che aderiscono al Progetto.

 


 

Il Trapianto di Fegato

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Introduzione

Il trapianto di fegato ortotopico, cioè la sostituzione del fegato nativo, malato, con un fegato normale, si è trasformato nelle ultime decadi da procedura sperimentale a indicazione terapeutica elettiva per la cura di decine di patologie epatiche acute o croniche altrimenti incurabili. Il fegato per il trapianto può essere intero o essere utilizzato solo in parte, e può essere ottenuto da un donatore cadavere o vivente.

Il primo trapianto di fegato nell’uomo è stato eseguito nel 1963 dal Prof. T.E. Starzl negli USA. 

Nel 1988 Raia, in Brasile, ha eseguito il primo trapianto di fegato da donatore vivente. 

A cinquanta anni dai primi pionieristici passi, il trapianto di fegato è considerato il trattamento di elezione di molte epatopatie acute o croniche insorgenti nell’adulto o nel bambino, non suscettibili di terapia medica o chirurgica alternativa. 

Indicazioni

Le più comuni indicazioni al trapianto sono la cirrosi epatica, l’insufficienza epatica acuta, la patologia tumorale e altre patologie meno frequenti. 

Cirrosi epatica: le cause di cirrosi epatica che possono determinare lo sviluppo di una malattia epatica allo stadio terminale sono molteplici. Le più comuni sono secondarie a una infezione cronica da virus dell’epatite B o C, al protratto abuso alcolico o alla NASH (non-alcoholic steato-hepatitis). Cause meno comuni sono l’epatite su base autoimmunitaria e le malattie colestatiche (cirrosi biliare primitiva, colangite sclerosante). 

Insufficienza epatica acuta: l’insufficienza epatica acuta può essere causata da infezioni virali, l’intossicazione da paracetamolo o da altri farmaci, l’avvelenamento da ingestione di epatotossine (Amanita Phalloides), l’insorgenza della forma acuta del morbo di Wilson. Spesso, in attesa del reperimento di un organo in urgenza per il trapianto, si ricorre a strategie terapeutiche come il fegato artificiale 

Patologia tumorale: l’epatocarcinoma è il più comune tumore maligno del fegato. In pazienti ben selezionati (criteri di Milano), il trapianto rappresenta il gold standard terapeutico per questo tipo di tumore. Al contrario, dati non soddisfacenti sono stati osservati nel trattamento del colangiocarcinoma. Oggi, solo pochi centri specialistici effettuano il trapianto in pazienti estremamente selezionati affetti da questa patologia. Altri tumori rari, come l’emangioendotelioma epitelioide o le metastasi da tumore carcinoide sono stati sottoposti a trapianto di fegato. Anche alcuni tumori benigni (adenomi, angiomi) possono occasionalmente richiedere un trapianto. 

Altre patologie: alcune patologie meno comuni possono rappresentare indicazione per il trapianto di fegato: tra queste ricordiamo le malattie metaboliche come l’emocromatosi ereditaria, la malattia di Wilson ed il difetto di alfa-1 antitripsina, o ancora la sindrome di Budd-Chiari, la malattia policistica epatica e le malattie parassitarie.

Selezione del paziente in lista

Il Model for End-stage Liver Disease (MELD) score è attualmente considerato il modello ideale per la prioritizzazione del paziente all’interno della lista di attesa per trapianto di fegato. Usando il modello MELD i pazienti vengono suddivisi in una scala continua di valori da 6 a 40, che corrisponde ad una stima di sopravvivenza a 3 mesi che varia rispettivamente dal 90% al 7%. Dal 2002 il MELD è utilizzato dalla United Network of Organ Sharing americana come criterio per l’allocazione degli organi in pazienti affetti da cirrosi epatica in attesa di trapianto di fegato. Il calcolo del MELD si ottiene tramite la formula: 

R = (0,957 x loge [creatinina sierica mg/dL] + 0,378 x loge [bilirubina totale mg/dL] + 1,120 x loge [International Normalized Ratio] + 0,643) x 10

L’utilizzo del MELD privilegia i pazienti più gravi inseriti in lista (the sickest first). Al tempo stesso, consente di valutare il suo effettivo bisogno di essere sottoposto a tale procedura (transplant benefit). In base a tale dato, pazienti con un MELD inferiore a 15 non ricevono un effettivo e significativo beneficio in termini di sopravvivenza effettuando il trapianto, e quindi non vengono tipicamente inseriti in lista prima del raggiungimento di questo valore soglia. 

Un modello simile, il PELD, è stato sviluppato per pazienti pediatrici: oltre alla bilirubina nel siero e all’INR, questo modello considera come altre variabili l’albumina sierica, l’età inferiore ad 1 anno ed il difetto di crescita (< 2 SD rispetto alla media per l’età). 

Aspetti tecnici del trapianto

Dal punto di vista tecnico, il trapianto da donatore cadavere prevede, generalmente, due varianti principali: la tecnica cosiddetta “convenzionale”, nella quale è asportato il tratto retroepatico della vena cava inferiore del ricevente ed impiegato un by-pass veno-venoso per la circolazione extracorporea, e la tecnica cosiddetta “piggy-back” nella quale il fegato nativo viene separato dalla vena cava inferiore durante l’epatectomia e l’anastomosi cavale confezionata sulla cuffia delle vene sovraepatiche o mediante una anastomosi latero-laterale tra la vena cava del donatore e del ricevente.

In alcuni casi, il fegato del donatore cadavere può essere diviso tramite tecnica dello split-liver. Con questa procedura si intende la divisione del fegato in due parti funzionalmente autonome e trapiantabili in due riceventi diversi. La procedura di divisione (splitting) può essere eseguita al banco dopo aver prelevato il fegato dal cadavere (ex situ) oppure direttamente sul donatore a cuore battente con fegato vascolarizzato (in situ). 

Infine, il trapianto di fegato da donatore vivente consente di avere numerosi vantaggi, come la possibilità di selezionare un donatore ideale, di stabilire il “timing” esatto del trapianto e di minimizzare i tempi di ischemia fredda. Tuttavia il prelievo di fegato da donatore vivente rappresenta una procedura particolarmente impegnativa per il chirurgo ed il rischio di mortalità nel donatore non è trascurabile (fino a 1 su mille casi). 

Risultati 

A oggi, i pazienti sottoposti a trapianto di fegato hanno una sopravvivenza a 1 e 5 anni superiori rispettivamente all’85% ed al 70%. Valutando i pazienti in base all’età ed alla patologia di base si può affermare che:

I pazienti pediatrici hanno migliori sopravvivenze rispetto alle altre categorie di pazienti; l’atresia biliare presenta le migliori sopravvivenze tra le patologie pediatriche.

La sopravvivenza nei pazienti non urgenti è superiore a quella dei pazienti operati per epatite fulminante.

Negli adulti la cirrosi biliare primitiva, la colangite sclerosante e la cirrosi post-alcolica presentano i migliori risultati; le sopravvivenze per la cirrosi HBV-correlata hanno valori intermedi; i pazienti trapiantati per cirrosi HCV-correlata hanno risultati peggiori.  

Il trapianto di fegato per patologia neoplastica presenta le peggiori sopravvivenze in assoluto. Per quanto riguarda l’epatocarcinoma, l’introduzione dei Criteri di Milano ha consentito di raggiungere risultati sovrapponibili a quelli per patologia non tumorale. 

Complicanze del trapianto di fegato

Il trapianto di fegato è gravato da numerosi tipi di complicanze, dovute sia alle difficoltà tecniche legate all’atto chirurgico, sia alla terapia immunosoppressiva alla quale è sottoposto il paziente, sia all’insorgenza di rigetti acuti o cronici, sia infine al ricomparire della patologia di base (tumori, virus) per i quali è stato effettuato il trapianto di fegato. 

Trapianto di fegato approfondimento

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